IL CAPPELLO DI FERRO

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Format : CD

COMPAGNIA STABILE DEL MOLISE e FONDAZIONE MOLISE CULTURA

IL CAPPELLO DI FERRO
tratto da ‘Un soldato contadino – lettere dal fronte 1915/1917’
di Anna Falcone
da un’idea di Sandro Arco
regia di Emanuele Gamba
con Paola Cerimele, Raffaello Lombardi, Giorgio Careccia, Giulio Maroncelli.

scene di Nicola Macolino.

A metà strada fra Lussu e il “buon soldato Svejk” questo nostro spettacolo intende dare un contributo alla ricostruzione della memoria di quello che è stato uno dei più sanguinosi episodi della storia dell’uomo. Oltre a rappresentare un valido ed originale strumento di analisi delle vicende storiche di quel periodo, stare accanto a Giuseppe nel suo anno e mezzo al fronte ci permette di conoscere la Grande storia attraverso la storia piccola ed anonima di un giovane contadino che ha dovuto passare dai campi alla trincea, che ha messo a disposizione il suo personale “genio” al servizio di una causa lontana e spesso incomprensibile.

Giuseppe Serpone, nato a Toro (Campobasso) il 19 marzo 1894, viene arruolato nel 1915 all’età di 21 anni nel 212° Fanteria, Brigata Pescara, Genio zappatori; il giovane trascorre un iniziale periodo di addestramento militare a Chieti e nel Pescarese per poi giungere nella zona di guerra nell’aprile del 1916. Partecipa ad importanti eventi bellici, tra i quali la presa di Gorizia dell’agosto del 1916. Giuseppe muore nel 1917 nell’alta valle dell’Isonzo. È sepolto a Caporetto.
Giuseppe Serpone scrive dal fronte circa 150 tra lettere e cartoline descrivendo la vita di trincea, le dure condizioni di vita dei soldati, la sua angoscia per una pace che non arrivava e il dolore per il distacco dalla moglie – sposata pochi mesi prima della sua partenza – e dai suoi genitori.
Tanti sono i particolari che il ragazzo racconta sulla sua dura vita di soldato e anche su episodi molto importanti della “grande guerra” quali la conquista di Gorizia.
Serpone scrive la sua ultima cartolina alla moglie il giorno 6 giugno 1917 infatti, il giorno dopo, alle ore 10 di mattina, presso quota 900 a Plezzo, nell’alta valle dell’Isonzo, in un luogo non lontano da Caporetto, Giuseppe Serpone resterà colpito a morte con una pallottola in fronte.
Alla sua morte, la giovane moglie Maria Antonia, sposa, secondo le usanze dell’epoca, Francesco, fratello di Giuseppe, sopravvissuto alla guerra.
Giuseppe muore a 23 anni il 6 giugno 1917.

Note di regia
Attraverso la narrazione di 25 di queste 150 lettere scritte dal fronte sarà ripercorsa la vicenda di Giuseppe Serpone, uno dei tanti giovani molisani che combatterono e morirono durante la prima guerra mondiale.
Nella storia personale di questo contadino molisano poco più che ventenne, la dignità e il senso di un dovere non effimero o semplicemente dimostrativo, cozzano fortemente con il pressapochismo degli alti ufficiali di quell’esercito italiano, spesso pronti a sacrificare, come sempre, i più poveri per ottenere risibili vantaggi in termini territoriali. Le parole mai fuori luogo che il soldato Serpone metteva faticosamente insieme e che spediva con una regolarità impressionante, tenuto conto del contesto da trincea nel quale visse per anni, furono il ponte immaginario e per questo intoccabile, che lui, ogni sera, attraversava per giungere nuovamente a casa, da quella moglie che dovette lasciare poco dopo aver sposato, da quel padre a cui confidava le paure più grandi e le tragedie che viveva e che, alla moglie e agli altri, voleva risparmiare anche solo di citare, come se il solo non nominarle, anche da così lontano, potesse evitare di farle giungere, con tutto il loro fragore inumano e irragionevole, nella terra che aveva dovuto abbandonare e che non poté più rivedere. Infatti, Giuseppe Serpone, morì nell’alta Valle dell’Isonzo, in una mattina di giugno, colpito alla testa da un cecchino. La sera prima, però, era riuscito, comunque, a dimostrare a sua moglie che era ancora il suo amato marito, scrivendole un’ultima, immancabile, lettera. Emanuele Gamba